Il Mondo Futuro – visioni di un tempo oltre la pandemia. Come troveremo la Terra e la società, lì fuori, quando usciremo dalla nostre case?

Non semper historia magistra vitae est

Greta si sentiva parte di una sorta di spettacolo teatrale che ogni giorno si ripeteva costantemente. Il copione era sempre lo stesso: si alzava alla stessa ora, proprio per non perdere la routine e il senso del tempo, faceva colazione e seguiva le lezioni online, visto che a scuola non andava più da diverso tempo a causa di un virus invisibile che stava provocando disperazione, paura e morte. Anche gli attori erano gli stessi: lei, i genitori e i due fratellini. Dal canto suo cercava di trarne il maggior beneficio possibile; passava le giornate a leggere libri, a riscoprire le sue passioni tra cui la lettura e la recitazione che aveva abbandonato per gli impegni e la vita frenetica.

Quel giorno, senza un motivo ben preciso, decise di salire in soffitta dove c’erano tutti quei manoscritti dimenticati dal tempo e dalla famiglia. Passò l’indice lungo i testi della libreria ricoperta di polvere ed uno la colpì, si intitolava Il mondo dopo il Coronavirus. Dopo averlo estratto dal mucchio, vi soffiò sopra e tossì per le particelle di pulviscolo che le entrarono nel naso. Si sedette a terra, con la schiena appoggiata ad un antico baule ed iniziò a leggere. Conteneva le riflessioni di decine e decine di ragazzi. Si soffermò su una in particolare; una giovane sosteneva che tutto sarebbe cambiato dopo la pandemia, che non sarebbero esistiti più i “furbetti della quarantena” e che tutti avrebbero capito che la salute è un bene primario e bisogna custodirlo con tutti i mezzi possibili. Le persone non avrebbero dato più per scontato la loro condizione, soffermandosi sull’importanza delle piccole cose. Credeva anche che ci sarebbero stati dei miglioramenti nel sistema sanitario, con assunzioni di molti giovani nel campo della sanità pubblica e privata; avrebbero riaperto anche gli ospedali nei piccoli centri in modo da poter accedere più facilmente ai servizi, le strutture ospedaliere sarebbero state fornite di molte attrezzature e dispositivi di sicurezza individuali per affrontare nuove emergenze. Era convinta soprattutto che gli Stati avrebbero capito che la sanità pubblica fosse la chiave dell’uguaglianza economica e sociale. L’economia avrebbe tenuto conto dell’ambiente, della sostenibilità, dell’utilizzo delle tecnologie e del buon uso della comunicazione.

Aveva ragione, erano passati vent’anni da quella pandemia che avrebbe dovuto cambiare tante cose. Quasi tutto era andato secondo i piani e anche se la storia dovrebbe essere “magistra vitae” qualcosa andò storto anche quella volta…

Marzia Ranellone

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Come sarà il mondo dopo il Coronavirus?

Quando l'emergenza sanitaria sarà rientrata dovremo riabituarci a tante cose che in questo periodo di reclusione nelle nostre case abbiamo dimenticato o trascurato. Fare esercizio fisico, magari in palestra, socializzare in un luogo frequentato da altre persone, o ancora fare shopping in un negozio. Oppure tornare a frequentare un bar, o un ristorante. E magari un cinema.

La quarantena sicuramente ha fatto cambiare la nostra idea del mondo. Ci credevamo onnipotenti di fronte a chi era più debole, fragile o semplicemente era meno fortunato di noi, mentre il virus ci sta insegnando che non siamo come credevamo e che ci possiamo ammalare tutti. Ci sta facendo capire l'importanza dello stare con gli altri, che sottovalutavamo e i social sembravano aver sostituito il contatto, il rapporto faccia a faccia. Eppure nel momento in cui non possiamo più praticarlo ci accorgiamo di quanto ci manchi. Qualche giorno fa ho finito di leggere il libro Cecità di José Saramago. Il romanzo racconta come sia difficile restare umani quando tutti impazziscono, affrontando la tematica dell’epidemia e della quarantena. Nel testo le persone accusano questa malattia diventando cieche e vengono rinchiuse all’interno di una struttura.

Lo stesso autore afferma : “Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono”.

La nostra malattia forse è proprio l’isolamento. Siamo sempre meno capaci di stare insieme. E poi, quando siamo costretti alla solitudine, ci accorgiamo di quanto l'altro sia fondamentale. Ma è proprio la solitudine uno degli elementi caratterizzanti della nostra contemporaneità. Il boom dei social network in fondo è legato al fatto che ognuno sta a casa sua, di fronte a uno schermo. C’è una conversazione sempre mediata dalla multimedialità. Il rapporto umano però non può essere ridotto solo ai messaggi: è fatto di voce, di corpo, di una emotività che in uno schermo non può essere trasmessa.

Alice Di Francesco

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COVID-19

Il vento non trova ostacoli, fa solo volare i berretti degli agenti… una gara tra quel vortice d'aria impetuoso e il ragazzo che corre verso casa con delle mascherine cucite dalla nonna. Le ha lanciate dal balcone, non lo ha di certo fatto salire. Nell'aria c’è una finta quiete che nasconde spostamenti repentini di persone impaurite. Torna a casa e la mamma lo fa attendere sulla porta. Disinfetta le suole delle scarpe, gli mette un po' di alcool sulle mani e lo manda direttamente in bagno. Si siede sul balcone e inizia a navigare sul web: “Mondo dopo il coronavirus”, “ Covid-19 e i suoi effetti “. Il ragazzo si fa un'idea, va sui social e scrive:

«Cambierà qualcosa? Le realtà nazionali sicuramente muteranno, ci saranno nuovi sistemi, nuovi rapporti internazionali. La storia dimostra che dopo ogni crisi lo scenario viene alterato, soprattutto in questo caso in cui si parla di ripresa in termini mondiali. È impossibile dire se il sistema sanitario cambierà. Al momento sicuramente sta ricevendo ingenti modifiche, ma si possono fare solo ipotesi: potrà svilupparsi a seguito della presa di coscienza di possibili catastrofi sanitarie, oppure potrà cadere per sopperire il vuoto bancario. Purtroppo nessuno può concepire veramente l’importanza della sanità se non si opera al suo interno. Probabilmente avremo capito solo il valore della paura, che insieme ai tratti della società odierna, non può diventare altro che un’arma. Come si eliminerà? Mesi di quarantena in attesa di una miracolosa cura non sono facili da dimenticare. Le giuste precauzioni serviranno fino a quando il virus non diventerà innocuo. Tutti riusciranno ad acquistare il vaccino? È difficile da credere. Le nazioni che riscontreranno una ripresa economica più veloce avranno un ruolo diverso rispetto al precedente assetto internazionale? Per quanto tempo la nostra libertà sarà giustamente limitata? Per molti mesi, se non anni. Forse anche il turismo cambierà! Gli animi viaggiatori cercheranno luoghi non molto affollati, un turismo lento. Si potrebbe anche ipotizzare un turismo green, improntato sulla sostenibilità, risultato di una ricostruzione economica conformata alle nuove norme ambientali. Dire che il Covid-19 cambierà totalmente lo scenario attuale è azzardato. Ciò che sta succedendo, è una routine quotidiana in alcuni Paesi del mondo da moltissimi anni, sottovalutata perché considerata a noi lontana. Abbiamo avuto lo stesso atteggiamento di indifferenza nei confronti di questa crisi epidemiologica finché non è spuntato il pallino rosso sulla mappa dei contagi. Il mondo dopo il coronavirus dovrebbe eliminare i confini mentali. Il Covid-19 è l'esempio che non esistono barriere. A nessuno piace vivere in una gabbia di indifferenza. Perciò nel mondo dopo il coronavirus cerchiamo di non costruirla sulle teste degli altri. Questo è ciò che ho realmente capito. Mi piace pensare che sarà un mondo più solidale e realista».

Luciano Toppi

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10..9..8..7..6..5..4..3..2..1..

Buon 2020 a tutti!

Ecco, è proprio da qui che voglio iniziare il mio testo. Da quando, forse anche un po’offuscata dagli effetti dell’alcool, la mia mente aveva appena intrapreso un viaggio immenso.

In una frazione di secondo ho realizzato che per me cominciava un anno particolare. Diplomarmi, cominciare a prendere decisioni importanti per il mio futuro, passare bellissimi momenti con amici che negli anni a venire avrei visto molto meno.

Insomma volevo fare di tutto, e sospettavo che il tempo sarebbe stato strettissimo.

Eppure se è vero che la cattiva notizia è che il tempo vola, la buona è che io sono il pilota e quindi sarei riuscito a gestirlo come avrei voluto.

Riassumendo volevo passare questo anno con determinazione, divertendomi, studiando quel che basta e magari facendo un bel viaggio.

Pensavo che nulla avrebbe ostacolato questo mio progetto mentale ma purtroppo mi sono sbagliato.

Il 4 Marzo 2020 ho iniziato a realizzare che qualcosa stava andando storto, quando il premier Conte ha annunciato un decreto che prevedeva la chiusura delle scuole per prevenire la diffusione del virus che ormai aveva preso il sopravvento nel nostro Paese.

Avevo sentito di questo virus che stava attaccando la popolazione nello stato della Cina.

Anche se si parlava di “pericolo mondiale” a me sembrava qualcosa di lontano da noi.

Purtroppo però questo fantasma è un killer spietato e in breve tempo si è fatto strada nel Nord Italia, cominciando a decimare la popolazione.

Gli ospedali non sono attrezzati per una simile pandemia: i medici e gli infermieri non sono sufficienti a soddisfare le esigenze di tutte quelle persone che stanno male. I morti si contano a centinaia.

Lo Stato ha deciso di chiudere scuole, uffici e perfino le fabbriche. Le persone devono stare in casa, salvo poter uscire, per brevi distanze, per motivi seri.

La mia reazione, all’inizio, è stata quella di ribellarmi a questi ordini, non rendendomi forse ancora conto della gravità della situazione.

La mia percezione del problema si è amplificata, solo quando, un giorno vidi mia madre in lacrime a causa della morte di una sua collega per coronavirus.

Quella scena mi ha davvero colpito: ho iniziato ad avere paura e ho capito che stare a casa voleva dire non solo salvarmi la vita, ma anche non mettere a rischio quella dei miei cari.

I primi giorni sono stati certamente molto duri: non ero abituato a stare seduto, passavo le giornate tra il campo di calcio e la piazza del mio paese. Praticamente ero a casa soltanto per mangiare e dormire.

Poi però, pian piano, sono riuscito ad allontanarmi da quell’angoscia irreale che mi devastava, distraendomi vedendo qualche film e passando i miei pomeriggi a studiare in modo molto più approfondito rispetto a quanto facessi prima.

In parole povere, ho stravolto tutte le mie abitudini!

Ancora oggi non dico di essere contento di questa situazione, infatti qualche volta i momenti di nostalgia mi inondano.

Spesso mi ritrovo a pensare come sarà il mondo dopo questa tragedia.

Il dolore che questa pandemia sta generando in tutti i popoli, dovrà servire a comprendere il vero valore della vita umana, che spesso viene vissuta in maniera frenetica e spericolata.

Soltanto principi puri, come la solidarietà, la fratellanza, l’amicizia, la bontà, l’amore incondizionato verso gli altri, potranno far si che le radici estirpate potranno penetrare nuovamente nel terreno facendo riappropriare l’umanità del suo immenso valore.

Personalmente non vedo l’ora di rincontrare i miei amici, la mia ragazza e magari uscire per andare con loro ad una festa.

Farò, però, tutto questo in modo diverso da come l’ho fatto prima di questa pandemia: ne ero già consapevole, ma la loro mancanza mi ha fatto capire ancor di più quanto fossero importanti per me.

Ovviamente non sarà il coronavirus ad abbattere la mia determinazione: continuerò sicuramente ad inseguire gli obiettivi che mi ero prefissato all’inizio di questo anno e, conoscendomi, sono sicuro che li porterò a buon fine.

Carmine Zulli

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Una nuova normalità

L’emergenza sanitaria da Coronavirus ha stravolto completamente la nostra vita, ci ha strappati alle nostre frenetiche giornate, rivoluzionando, all’improvviso, la nostra routine.

Ma ciò che stiamo vivendo noi è nulla. Nulla in confronto a quello che stanno passando coloro che stanno soffrendo, per aver contratto direttamente il virus o perché preoccupati per familiari o amici contagiati.

Niente sarà più come prima. Per queste persone e per i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario che sta facendo di tutto per riuscire a debellare questa minaccia invisibile.

È difficile fare previsioni sul futuro in questo momento, ma credo che, tra i cambiamenti che verranno attuati, figurerà un rafforzamento del sistema sanitario, un ampliamento dei posti per la facoltà di Medicina e Chirurgia e maggiori investimenti nella ricerca, negli ospedali e nei reparti di terapia intensiva.

Ci sarà un particolare riguardo nei confronti dello smart-working e di tutte le piattaforme che in questi giorni rendono possibili rapporti sociali virtuali per svolgere attività scolastiche e lavorative o, semplicemente, per permettere alle persone di sentirsi.

In noi cosa cambierà?

Dal mio punto di vista, in questi giorni di quarantena abbiamo avuto modo di riscoprire noi stessi, le nostre passioni, ne abbiamo coltivate delle nuove e ci siamo ascoltati. Ho cominciato a vedere la realtà in modo diverso, a cominciare dalla mia casa, da quel quadro che ho sempre visto ma non ho mai osservato. Sono tante le cose che abbiamo nella nostra vita ma di cui non siamo pienamente consapevoli.

Ecco, io penso che quando torneremo alla nostra quotidiana “normalità” ci focalizzeremo di più su quello che ci circonda, su chi ci circonda, riconoscendogli il giusto valore. Ci concentreremo al 100% sulla nostra vita, sugli altri; saremo più sinceri, non avremo paura di dire a chi teniamo quanto vogliamo loro bene e quanto abbiamo sentito la loro mancanza, perché il tempo non è illimitato e non si capisce veramente il valore di una cosa finché non la si perde. E io ho capito quanto sono importanti la libertà, la sincerità, la famiglia, gli amici e quanto sarà bello riabbracciarli quando tutto questo sarà finito.

Tornando alla nostra vita non solo saremo più liberi ma ci sentiremo più liberi. Le nostre percezioni del mondo saranno del tutto diverse. Anche solo rivedere il mare ci emozionerà a tal punto che sembrerà la prima volta. Ci sembrerà tutto una prima volta perché avremo coscienza e maggiore consapevolezza di quello che faremo, diremo, saremo.

E allora io non vedo l’ora di tornare alla vita “normale” perché sarà come iniziare una nuova vita.

Licia Parente

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Speranze per l’economia

Il Covid-19 sta chiedendo all’Italia e a tutto il mondo, un grande prezzo da pagare, non solo in termini di vite umane, ma anche di finanziamenti. Sono state chiuse aziende e attività commerciali per ridurre al massimo la circolazione e quindi il contagio. La conseguenza immediata è il blocco di tutto il ciclo economico. La gente non può uscire di casa, non spende perché non può acquistare nulla al di fuori di beni di prima necessità, non può sfruttare i vari servizi e di conseguenza molte attività vanno in crisi. Tutto ciò causa la perdita di numerosi posti di lavoro e le famiglie private di reddito, si ritrovano a gravare sulle “spalle” dello Stato, che è già concentrato a sostenere il sistema sanitario. Possiamo definire questa situazione come un vero e proprio domino, con effetti catastrofici, che si ripercuoteranno anche una volta terminata questa quarantena. Non è possibile quantificare i danni economici che ci sono e che ci saranno… pero è fondamentale ora, rimanere a casa, per far si che i contagi diminuiscano. Dobbiamo seguire tutte le direttive che ci vengono fornite, per poter stare meglio dopo e per poter risollevare tutto il sistema, una volta che tutto questo sarà finito.

Martina Scutti

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I sogni di Benedetta

«Mamma, papà, quando riapriranno le scuole»?

Pongo insistentemente questa domanda ai miei genitori, ma la risposta è sempre poco definita, vaga.

«Benedetta stai tranquilla, presto tornerai a scuola».

Perché queste esclamazioni così imprecise? Forse perché è una domanda a cui non si era abituati in questa parte del mondo. Una situazione nuova all’interno di una condizione di vita senza precedenti.

E tuttavia, proprio questo è il drammatico interrogativo che milioni di bambini - pensiamo per esempio alla Siria - hanno rivolto ai propri genitori in Paesi lacerati dalla guerra, da terribili malattie o disastri naturali.

Ci sembravano forse troppo distanti per occuparcene più di tanto?

Ora, in questo scorcio di 2020 che ha rovesciato tante abitudini e messo in crisi molte certezze, anche i bambini dei Paesi “più fortunati” si trovano a vivere una situazione simile (e tuttavia meno traumatica) di tanti loro coetanei in altre nazioni.

Mi presento… sono Benedetta, abito a Cremona e ho otto anni.

Vivo quasi in prima linea l’emergenza sanitaria Coronavirus perché, mamma è un medico e papà un infermiere, e ho costantemente paura che possano contrarre il virus.

Trascorro tutto il giorno in casa con mia sorella Flavia e mio fratello Paolo.

La mattina loro studiano, hanno le videoconferenze con i professori, tutti i giorni, e io non vengo per niente considerata. Allora sapete cosa faccio?

Percorro il lungo corridoio dell’appartamento e vado a trovare Zia Giovanna, la sorella di nonno Pasquale.

Viveva con noi fino a poco tempo fa, ma a causa del virus, ora sta da sola in un monolocale ricavato nella nostra abitazione.

Tutte le mattine vado da lei, mi prepara spesso la colazione nonostante la sua età.

Stiamo sempre insieme, mi racconta tante storie accadute in passato, i fatti della guerra, delle carestie…

«Nonna cosa pensi di questo Coronavirus»?

«Cara Benedetta, ho vissuto la guerra, e posso assicurarti che questa pandemia è paragonabile ad una terza guerra mondiale, e sai perché»?

«No, nonna non lo so, ma ho una vaga idea. Penso che il Coronavirus può essere paragonato ad una guerra per il numero delle vittime che ha causato, ma è diverso da essa perché a noi cittadini è stato chiesto solo di rimanere a casa, non di andare al fronte».

«Hai ragione cara nipotina… fai dei ragionamenti così profondi che quasi mi commuovo».

Zia accende la TV e iniziano a scorrere le immagini degli ospedali. Persone intubate, medici e infermieri che mostrano le loro cicatrici causate dagli indumenti, personale sanitario stremato.

La mia voce si blocca. Non riesco più a parlare. Scendono lacrime sul mio viso.

Nonna si commuove anche lei.

Cambiamo canale. Ecco che scorrono le immagini dei bambini siriani.

Non hanno una casa, non hanno cibo, hanno delle armi in mano, piangono. Lì sono davvero in guerra, sono costretti a combattere per salvare le loro vite.

«Nonna posso mandare una lettera a un bambino siriano»?

«Sì, certo, che bella idea».

“Ciao bimbo, mi chiamo Benedetta e vivo in Italia. Stiamo attraversando un brutto periodo qui, un’emergenza nazionale. E’ tutto chiuso, non posso vedere i miei amici, non posso andare a scuola, non posso uscire, non posso stare con i miei genitori e i miei parenti. Quando avevo tutte queste opportunità non le apprezzavo, ma solo quando qualcosa viene a mancare, essa viene apprezzata.

Bimbo, la tua situazione è difficile. Non hai una casa, non puoi andare a scuola, non hai cibo a sufficienza e sei costretto ad avere un’arma in mano tutto il giorno. Questa non è vita! Ma io ti aiuterò!”

Benedetta e la zia indossarono le mascherine e spedirono la lettera all’ufficio postale.

La situazione in Lombardia non migliorava, furono dei mesi durissimi e difficilissimi; ma Benedetta voleva andare in Siria, quel bimbo in TV le aveva insegnato qualcosa.

Benedetta voleva incontrarlo. Doveva passare tutto però, non poteva partire aveva solo 8 anni…

«Zia, come sarà il mondo dopo il Coronavirus»?

«Benedetta, ne usciremo da questa situazione difficile, ce la faremo.

Avremo una consapevolezza maggiore, accetteremo tutto ciò che ci verrà dato senza rinunciare a nulla. Usciremo e ci abbracceremo tutti. Non ci sarà più odio. Ci saranno più fratellanza, amore, unione.

Non possiamo dire che il peggio è passato, siamo ancora a casa insieme. Stiamo bene piccola, abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno, perché lamentarsi quando non occorre»?

E di nuovo le lacrime solcarono il viso della bimba.

I mesi volarono, le sue giornate erano sempre le stesse, ma aveva imparato ad apprezzarle, perché sapeva che esistevano situazioni migliori, ma anche peggiori.

Il 29 luglio 2020 fu annunciata la fine della pandemia. Benedetta corse ad abbracciare i genitori, i nonni, i suoi amici.

Espresse loro il desiderio di voler partire per la Siria, a conoscere il bimbo visto in TV.

L’anno successivo la famiglia di Benedetta partì alla volta della Siria e quel famoso “bimbo” venne adottato da loro.

Benedetta aveva appreso una lezione. Il Coronavirus aveva sviluppato in lei una capacità di ragionamento molto elevata per la sua giovane età.

Io oggi ho imparato, voi invece?

Alessandra Manzi

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Il mondo post corona virus

Come supereremo un momento così difficile? Cambierà il nostro modo di vedere la realtà?

Questo 2020 sarà indubbiamente ricordato come un anno caotico e fuori dall’ordinario; mentre la gran parte di noi è abituata a vivere una vita tutto sommato agevole, un virus, di cui conosciamo poco e nulla dal punto di vista biologico, si diffonde con grande velocità e ci costringe a stravolgere la nostra routine, rendendoci di fatto consapevoli di quanto, nonostante il processo tecnologico, siamo ancora vulnerabili di fronte a Madre Natura. Se è vero che capiamo il valore di qualcosa soltanto quando la perdiamo, allora rivaluteremo davvero la qualità delle nostre vite ed i privilegi di cui in tanti godiamo. Questa è forse l’unica positività di una situazione molto complicata: siamo stati costretti a rivedere la nostra comfort-zone ed a saperci adattare a livello sociale, così come i nostri governi occidentali hanno dovuto saper prendere misure piuttosto severe per difendere la salute dei cittadini. Mi auguro che tutto ciò sia servito a risvegliare un senso di dovere e di aiuto reciproco fra cittadini semplicemente rispettando ciò che ci è stato ordinato da un Decreto. Quando riabbracceremo le nostre libertà ed i nostri lussi, capiremo quanto siamo fortunati rispetto a chi doveva o deve, ancora oggi, in alcune parti del mondo, stare a casa perché probabilmente avrebbe preso un proiettile una volta uscito. Siamo fortunati anche perché ci viene chiesto soltanto di stare a casa ed avere pazienza mentre abbiamo già chi combatte in prima linea e chi si offre di farlo, ovvero degli straordinari medici ed infermieri che rischiano la propria pelle nella speranza di vedere un giorno quei reparti di terapia intensiva svuotarsi. Ci vorrà del tempo, perché spesso le seconde ondate epidemiche sono più aggressive della prima e dunque non torneremo alla normalità rapidamente, per evitare di rendere vani tutti gli sforzi di chi ha combattuto. Conosciamo poco su questo nuovo Coronavirus ed i paesi che sono stati scettici contro di esso ora si ritrovano ad avere pesanti problemi sanitari; Madre Natura non fa distinzioni e difficilmente fa sconti perché, che ci piaccia o no, siamo ancora fragili rispetto ad essa. Saranno tempi difficili anche a livello economico, perché ovviamente non tutte le famiglie possono realmente stare a casa ed arrivare a fine mese. Per questo motivo, il lavoro deve cercare di ripartire nel modo più sicuro possibile e lo Stato deve aiutare chi vive davvero una situazione compromessa a livello economico. Allora tutti noi, che il problema di dover lavorare per esigenza non lo abbiamo, dobbiamo capire che il poter stare a casa e l’avere tempo libero per riposare, svagarsi o fare attività fisica, in questi giorni, è un lusso; di fronte al fatto che i posti in terapia intensiva non sono 60 milioni e che, seppur non sia grave quanto un’epidemia di peste bubbonica, chi è positivo ha comunque bisogno di essere curato, dobbiamo tutti fare un passo indietro e rinunciare ad alcune parti della nostra routine, perché con la salute molto spesso non c’è una seconda possibilità.

Simone Serraiocco

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2020 L’anno del coronavirus

“Ma com’è stato?” Questa è la domanda che immagino più frequente in futuro.

È stata dura, direi fra qualche anno. Ci siamo ritrovati a combattere quello che tutti hanno definito come un nemico invisibile. Eravamo in un universo parallelo, tutto ciò che ritenevamo scontato non era più così. Chi avrebbe mai pensato che saremmo dovuti rimanere chiusi in casa per tre mesi e poi aver paura di uscire?

Tutto partì dalla Cina all’inizio del mese di gennaio 2020, migliaia di persone al giorno che morivano senza sapere il perché. Vari studiosi si misero alla ricerca di cosa avesse scatenato questa situazione e si scoprì un nuovo virus, scientificamente chiamato: COVID-19. Il territorio cinese cominciò a prendere provvedimenti, molto simili a quelli che successivamente furono presi anche in Italia. Il motto era: stare a casa in modo da isolare questo virus. Questa situazione portò anche un fenomeno di razzismo nei confronti dei cinesi, era come se ogni cinese avesse il virus ma ovviamente non era possibile, soprattutto per i cinesi che vivevano in Italia da anni. Sembrava quasi che il nemico fosse stato messo all’angolo quando il 24 febbraio si dichiarò Codogno, città lombarda, focolaio. Ciò voleva dire che questo virus era arrivato anche nel nostro territorio. La paura era tanta, gente che svuotava gli scaffali dei supermercati per paura che non fossero mai più usciti, persone che compravano mascherine e la situazione degenerò. Lo Stato diceva “non bisogna creare allarmismi inutili, questo virus è simile ad un’influenza e colpisce in particolar modo gli anziani”. Ma dopo qualche giorno si capì che non esistevano allarmismi bensì esisteva l’allarme.

4 marzo: scuole e università chiuse.

9 marzo: tutta Italia zona protetta. Dovevamo restare a casa! Non c’era altra scelta. I ricercatori continuavano a cercare medicinali e cure ma il coronavirus era un virus nuovo di cui si sapeva ben poco. Il nostro paese si trovò ad affrontare una situazione drammatica: 3000 contagi e 1000 persone morte ogni giorno e la cosa più triste era che nessun familiare poteva vedere un suo caro malato o addirittura morire. Ebbene sì, si moriva da soli, senza salutare un figlio, un fratello, un genitore o un nipote. In Lombardia si temeva che si dovesse iniziare a scegliere le persone da salvare, perché le terapie intensive erano stracolme. Proprio in questo momento fu che uscì fuori lo spirito italiano, celebrità e persone comuni cominciarono a donare denaro per acquistare nuove macchine e creare nuovi centri medici, fino a quando si riuscirono a convertire strutture adibite per eventi in ospedali di terapie intensive. A questa condizione si aggiunse il fatto che molte industrie che, secondo il decreto, non potevano più lavorare, convertirono la loro produzione per aiutare l’Italia, realizzando mascherine e tutti i dispositivi per la protezione individuale che scarseggiavano. Però in tutto questo scenario negativo qualcosa di positivo c’era: stando a casa le persone riscoprirono valori che la quotidianità aveva forse nascosto, come per esempio il calore di un abbraccio, uscire e incontrare persone a cui sorridere ma anche stare con i propri familiari e avere tempo per riprendere qualcosa che era rimasto in sospeso. Io, per esempio, avevo ripreso a suonare la chitarra, mi dedicavo di più a me stessa leggendo un libro o vedendo un film che da sempre avrei voluto vedere. La scuola continuava grazie alle lezioni online, una novità che piacque ad alcuni professori mentre ad altri meno e si parlava di una maturità online, in un primo momento sembrava impossibile ma la cosa diventava sempre più reale. Ecco, diciamo che ciò che ci aveva tolto questo virus era il contatto con le persone e la nostra quotidianità. Un giorno feci una videochiamata con mio nonno, appassionato di storia e se volevo sapere qualcosa sulla guerra lui era la persona perfetta, aveva 90 anni e di guerre e momenti bui ne aveva visti. Mi paragonò questo momento alla guerra, il numero dei morti era simile, la paura di morire c’era come allora e anche a livello economico la situazione non era molto diversa: durante la guerra molte industrie iniziarono a produrre armamenti e la gente che non lavorava viveva nella miseria; circostanze diverse ma situazioni simili.

Questo è quello che direi fra qualche anno ad una generazione futura ma quello che oggi, 7 aprile 2020, direi di domani, non lo so e nessuno lo sa. Sono sicura che sarà lunga e nel momento in cui ci diranno che possiamo iniziare a riuscire e riprendere la nostra vita, non sarà così facile. Ci vorrà tempo!

Ricorderò questo momento come un racconto di eroi, i nostri medici e tutti coloro che continuano a lavorare per il bene dei cittadini, che combattono questo nemico insieme a tutta la popolazione sia italiana ma anche del mondo.

Marialisa Ianieri

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Com’è difficile non vivere in società

Questo Coronavirus non ce lo dimenticheremo mai, è sicuro, ma soprattutto questa quarantena che ci coinvolge da quasi un mese, e chissà fino a quanto durerà, la racconteremo alle generazioni future. Quest’esperienza ci cambierà? Muterà le nostre abitudini?

Io credo di sì. Questo periodo ci sta facendo riscoprire valori che stavamo perdendo di vista nelle nostre giornate frenetiche. Le ore sono più lente, più riflessive, possiamo concentrarci di più su noi stessi. Finalmente ci si può dedicare ad attività come la lettura, finendo quei libri che ci osservarvavano con sguardo cattivo dalla libreria da mesi, oppure si può passare una serata guardando un film, magari quello che il vostro suggeritore ufficiale vi consigliava da tempo, e che rimandavate sempre.

Tuttavia questa è una grande sfida per noi, per citare Aristotele, l’uomo è un animale sociale, ed interagire con le altre persone è nella sua natura. Infatti ci mancano i nostri amici o le persone che amiamo con cui passavamo dei momenti fantastici e che adesso possiamo vedere solo attraverso degli schermi, e ci mancano anche tutti i nostri hobbies che svolgevamo al di fuori della nostra abitazione.

Dopo questo Coronavirus sicuramente saremo un po’ diversi, cercheremo nelle nostre giornate indaffarate un momento di pausa, per poter pensare un attimo a noi stessi. Faremo tesoro di tutti i bei momenti passati insieme ai nostri amici e alle persone che amiamo, cercando di viverli al massimo, una sorta di carpe diem, perché ci siamo accorti che non sono poi così scontati.

Sicuramente verranno rivalutati alcuni ambiti, come quello sanitario, e magari ci penseremo due volte prima di chiudere un ospedale, che è un servizio necessario.

Un aspetto positivo può ritrovarsi nella natura, che si sta riprendendo un po’ i suoi spazi, che troppo a lungo gli erano stati privati, e che troppo a lungo non sono stati rispettati. Si spera, che ci si renda conto di questo nel momento in cui torneremo alla normalità, per non far andare in rovina di nuovo ciò che si è risollevato.

In conclusione penso che usciremo da questa situazione più responsabili, più maturi, penseremo in modo diverso, non troveremo tutto ciò che facciamo, e che possiamo fare, così scontato come facevamo un tempo, ma invece apprezzeremo le nostre libertà, e ne avremo più rispetto.

Paolo Melchiorre

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Dalla condotta di uno, il fato di tutti

Il coronavirus, straordinariamente contagioso e letale, imperversa da mesi nel mondo conosciuto. Tutte le nazioni, unite per la prima volta sotto un’unica bandiera, hanno mosso guerra al micidiale patogeno. Stiamo assistendo a misure mai attuate prima, siamo un immenso esperimento sociale. Queste settimane, nei libri di storia, saranno più che una nota a piè di pagina. Si parlerà certamente di società prima e dopo il coronavirus, è innegabile. Ma, appellandomi a Socrate, so di non avere la totalità di conoscenze necessarie per illustrare chiaramente il mondo nuovo. Il quale inesorabilmente, ma gradualmente, ci travolgerà. Per cui, le mie previsioni non potranno che essere vaghe ed imparziali.

Machiavelli sosteneva che metà delle azioni umane sono in balia della fortuna, nientemeno che una zattera nella tempesta. Le malattie, sin dalla notte dei tempi, avallano perfettamente le parole del fiorentino. Facendosi vessillo di una natura leopardiana, indifferente ed ineluttabile, hanno sempre rappresentato un’inevitabile, ma sempre imprevista, deviazione di percorso. La storia umana ha dovuto costantemente adattarsi ai capricci di qualche morbo. La peste di Giustiniano, che imperversò nel mediterraneo nel 6° secolo d.C., annichilì ciò che rimaneva del mondo classico e spianò l’avanzata agli arabi. La peste del ‘300 rimodellò il sistema economico corrente al tempo, gettando alcune delle basi per il moderno capitalismo. Tutte le nostre civiltà hanno visto il loro status quo ridicolizzato, segnato e sovvertito dal passaggio di qualche pandemia. La nostra società globalizzata non farà eccezione. Equilibri precari saranno scossi, ordini prima inattaccabili diventeranno straordinariamente vulnerabili, i fili che ci manovrano diventeranno improvvisamente più chiari, facendo tremare i burattinai. Ma soprattutto, torneremo a dare la dovuta attenzione alla nostra salute, non più cosi tanto scontata. Come individui, e come specie. Forse, da questa notte oscura, trarremo più consapevolezza da investire nelle nostre azioni quotidiane, nei nostri rapporti con gli altri, nelle nostre scelte e nei nostri desideri. Perché in fondo, dalla condotta di ognuno di noi, dipende il fato di tutti. Ora più che mai. Non possiamo sfuggire ai suoi effetti, ma possiamo influenzarli. Io ho preso quest’ora buia come un’occasione per migliorarmi. Un’ineluttabile caduta, da cui però ci si può forse rialzare più forti, motivati e sensibili.

Giovanni Ballone

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Resistere al terrorismo psicologico

Gennaio 2020, inizia a diffondersi un nuovo virus; la prima reazione? Sminuire il problema credendosi sempre i più forti e anche per non creare allarmismi. Atteggiamenti discutibili: il primo perché ancora arriviamo ad essere divinità invincibili, il secondo perché la creazione di allarmismi e panico si ha in situazioni difficili di vita e dove il livello d’informazione è precario e lascia strada spianata al terrorismo psicologico.

Ecco che questi principali comportamenti e le necessarie precauzioni ci hanno portati dove siamo ora: le routine sfasate, obiettivi sfumati, situazioni economiche peggiorate, bello no?

E’ anche vero che nelle situazioni di difficoltà si evidenziano i punti deboli di una società rendendo possibile in futuro il loro miglioramento: in tutto il mondo si evidenziano atteggiamenti disumani come la non curanza verso le persone prive di assicurazione sanitaria (nei Paesi in cui è obbligatoria se si vuole vivere sani);

disorganizzazione a livello di servizi che non riescono a contenere i danni.

Questa quarantena, però, ci dà la possibilità di dedicarci più tempo, tempo che non trovavamo mai perché veniva facilmente sostituito da ‘’lo faccio dopo’’;

Ci permette di vedere se siamo veramente capaci di adeguarci alle circostanze e a dare importanza ad aspetti e persone che ogni giorno, nel nostro correre, trascuriamo.

Ecco però che spunta fuori anche la stupidità delle persone: chi critica ogni scelta e ogni provvedimento presi per salvaguardarli; il loro finto buonismo; l’egoismo stupido, come lo definisco io, nel continuare a svolgere le proprie attività fuori casa senza rendersi conto che esso è l’atteggiamento di chi pensa prima a sé stesso.

Mi dispiace pensare che ci sia voluta una simile tragedia per far emergere i crateri che ci sono nel nostro sistema e per attribuire la giusta importanza a figure che sono sempre state trascurate dalla maggioranza.

L’infermiere, messo in secondo piano, che combatte ora in prima linea; il ricercatore, dimenticato da tutti ma che adesso viene visto come il salvatore che porterà la cura.

Per quanto riguarda il futuro e le conseguenze di tutto questo non vorrei esprimermi dato che non ancora ho acquisito il potere della veggenza come Neo (Matrix).

Sicuramente lascerà una bella impronta in tutti i settori e aspetti della vita.

Personalmente non mi ha cambiato gli ideali, mi ha solo fatto scoprire su cosa spostare la mia concentrazione e il mio impegno.

Sorin Romanenco

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Riscopriremo il valore delle cose semplici

Come tutti i periodi di crisi anche questo terminerà. Le persone cercheranno di colmare quei vuoti che si sono venuti a creare per via delle giuste restrizioni emesse dallo Stato. Riscopriremo il valore delle cose semplici: un saluto, un abbraccio, una cena tra amici, un giro in moto. Spero che questa solidarietà comune non scompaia perché in questi giorni stiamo abitando un Italia più unita, seppur in difficoltà, un’Italia che apprezza invece di lamentarsi, un’Italia che si vuole bene, senza disparità.

Ci vorrà del tempo, ovviamente, per far sì che tutto torni come prima, le nostre casse soffriranno per un po’, sarà un ritorno graduale ma, come tutte le cose, si supererà.

Oggi come oggi ci sembra utopico persino poter fare una passeggiata, figuriamoci un viaggio.

Andare ai confini del mondo, in posti sperduti, nelle grandi capitali europee e non. Una cosa già bella di per se ma che acquisterà un significato che andrà ben oltre la “vacanza”. Riscopriremo la meraviglia e rimarremo ancora più sorpresi dalla bellezza del nostro mondo.

Walter Scaglia

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Uno sguardo diverso al mondo fuori

Siamo stati catapultati in una realtà che mai ci saremmo potuti aspettare, a tratti troppo stretta per noi e i nostri ritmi frenetici che ci hanno da sempre contrassegnati come una società che corre. Adesso siamo costretti a rallentare, a decelerare, e con questo i momenti di riflessione fioriscono nella nostra mente. Ci si chiede soprattutto come sarà il mondo al volgersi di questa pandemia. La storia ci insegna che dopo una crisi, si esce prima e poi e lo si fa in maniera positiva. Si pensi alla prima guerra mondiale, che vide non solo la perdita di milioni e milioni di uomini sul campo ma dovette successivamente affrontare la violenta influenza della spagnola. Da questi momenti bui la popolazione ne ha ricavato positività, voglia di divertirsi e incontrarsi, cosa che inevitabilmente accadrà anche nel nostro Paese, dove tutti si accorgono solo ora di quanto abbia valore un abbraccio, una stretta di mano o un sorriso, piccoli gesti che fanno la differenza ma che prima di adesso nessuno quantificava. Inevitabile è anche il fatto che questa influenza ha generato un’emergenza in ambito sanitario in primis, ma anche economico e sociale. Spero che le conseguenze siano non altro che positive: la costituzione di un sistema sanitario rigido, solido e ben organizzato con ampio personale medico specializzato capace di far fronte a situazioni come queste. Mi auguro che ci sarà una possibilità in più per quei ragazzi che sognano di diventare dottori ma che spesso vengono esclusi dal famoso Test d’ingresso; la ricostruzione di un sistema economico che sappia far fronte a tutti i cali e le perdite subite in questo periodo e soprattutto il recupero dal basso dei virtuosi concetti di solidarietà e socialità e il prendersi cura degli altri, di un forte senso di unione e coesione tra i cittadini. Infine in me, posso dire che cambierà senza dubbio il modo di guardare fuori, il valore che assumeranno i piccoli gesti quotidiani che prima davo per scontato: lo stare in famiglia la domenica, la chiacchiera con un’amica davanti un caffè, il potermi allenare praticando ciò che più mi piace e il fare una passeggiata quando si ha voglia di prendersi un po’ d’aria. Vorrei dunque che si riacquisiscano i veri valori morali della vita tralasciando la parte materialista e “meccanicistica” che spesso ci divide.

Sofia Comegna

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Ore per scoprire nuove passioni

Il Covid-19 ha cambiato radicalmente le nostre vite. Mai prima d’ora nel Ventunesimo secolo la società ha dovuto affrontare un virus di tale contagiosità. All’inizio, a detta di molti, era “una semplice influenza”, ma nel giro di poche settimane si è arrivati ad una situazione di pandemia globale.

Per evitare il contagio ci siamo rinchiusi in casa, il posto più sicuro per molti, ma questa sicurezza ci è stata tolte e il virus ci ha fatto capire quanto siamo vulnerabili di fronte alla natura, perché non fa distinzioni e colpisce tutti.

È evidente e scontato, sono tempi duri e bisogna avere pazienza. Quest’ultima è essenziale non solo in questo periodo di quarantena, ma anche in tempi più lontani, perché nulla sarà come prima. Da inizio quarantena ho capito che tutto sarebbe cambiato, che bisognerà iniziare a convivere col virus, il quale rimarrà molto tempo tra di noi, poiché un vaccino non si crea dall’oggi al domani. Le nostre abitudini cambieranno, per molto tempo non ci saranno piazze, ristoranti e bar affollati. L’uso delle mascherine diventerà comune e non sarà più un qualcosa di assurdo come lo era fino ad un anno fa. Bisogna accettarlo, come bisogna accettare di rimanere a casa, come bisogna accettare di rinunciare a vacanze e uscite, lo stiamo facendo per il mondo e per il popolo italiano, per chi è in prima linea, come medici e infermieri, che ogni giorno sono i più esposti, senza di loro e la loro competenza non vi sarebbe uscita da questa situazione. Vanno menzionati anche chi, come negozi di alimentari, macellerie, forni e tutti coloro che ci forniscono da mangiare e bere, i quali stanno lavorando il doppio per assicurarci tutti i servizi di cui abbiamo bisogno. Penso che oltre ai menzionati sopra, tutti stiano combattendo, il popolo italiano come insieme, tutti i cittadini che rispettano le regole imposte dallo Stato stanno facendo il suo bene, quindi diventiamo consapevoli della situazione e cerchiamo di uscire solo per esigenze di prim’ordine.

Adesso però voglio analizzare la situazione dentro le nostre case, dopotutto non è facile passare molti mesi “rinchiusi” lontani dal proprio hobby e dalle persone care che non facciano parte della nostra famiglia. Una giornata in casa ha una routine ben diversa da una giornata classica precedente a Marzo 2020. Voglio parlare del mio caso, poiché dato il considerevole numero di alunni e situazioni diverse è difficile dare un parere univoco. Partiamo dalla mattina, le lezioni online ci sono, ma con una frequenza ridotta rispetto ad una classica mattinata scolastica, già questo fattore libera molto tempo. Il pomeriggio, mi son accorto di essere completamente libero, no palestra, no partitella con gli amici e no ad altre attività pomeridiane, ciò che ho a disposizione per affrontarlo sono compiti e studi scolastici, play station (lo svago esiste anche in quarantena), attività fisica (allenarsi a corpo libero è un mondo, va solo scoperto) e libri. Proprio i libri a cui adesso posso dedicare molte ore al posto di una misera mezz’ora di una routine classica e affollata. Ciò che voglio trasmettere è che dobbiamo sfruttare questo tempo libero per migliorare noi stessi in tutti i campi. Il fatto che fuori il mondo sia in parte bloccato non giustifica il non far niente e l’oziare. Per noi ragazzi c’è tempo per fare tutto, sia apprendere che svagarci, io personalmente ho 10-12 ore libere, un’eternità. La sera mi dedico quasi sempre o un film o una serie tv, quindi non crediate che non ci sia niente da fare perché le attività da svolgere sono molte e non si sa mai, si potrebbe scoprire una nuova passione. Quando tutto finirà e torneremo alla vita “normale” ci renderemo conto di quante ore avevamo a disposizione e capiremo se le abbiamo sfruttate a dovere o no.

Mattia Pietropaolo